Intervista a Giancarlo Cella, coordinatore dei “cacciatori di onde gravitazionali” del gruppo EGO-Virgo Pisa
Niccolò Baldelli e Jacopo Mazza di AISF (Associazione Italiana Studenti di Fisica) hanno intervistato il fisico Giancarlo Cella, ricercatore dell’INFN (Pisa) e coordinatore del gruppo Virgo, in occasione del Nobel – assegnato al trio LIGO – per l’osservazione delle onde gravitazionali.
LSC/LIGO e EGO/VIRGO sono due gruppi di ricerca distinti e fanno capo a strutture amministrative diverse, ma non lavorano in maniera del tutto indipendente: come funziona la loro collaborazione?
G: “È molto stretta, tanto che si parla di un’unica collaborazione LSC-VIRGO. LSC comprende tutte le università ed i gruppi di ricerca americani che fanno capo a LIGO, mentre VIRGO comprende gruppi di diverse nazioni, soprattutto Francia e Italia, ma anche Olanda, Polonia, Ungheria e recentemente Spagna.
Scriviamo e firmiamo le pubblicazioni insieme, analizziamo i dati sperimentali congiuntamente, c’è dunque un grande scambio di persone e conoscenze tecniche fra i vari esperimenti; possiamo quindi dire che l’aspetto collaborativo tra i due esperimenti è preponderante rispetto a quello competitivo.
Questo storicamente è anche dovuto alla difficoltà nel rilevamento delle onde gravitazionali, che ha portato, nei primi tentativi di detection, condotti negli Anni 60 da Weber, a diversi casi di falso positivo: si è ritenuto quindi necessario avere un larghissimo margine di certezza prima di poter fare qualsiasi annuncio, e l’unico modo per poter ottenere questo è vedere lo stesso segnale con diversi rilevatori indipendenti, che permettono anche di abbattere l’errore sulle misure e definire con maggiore precisione l’origine del segnale”.
Quali sono gli esperimenti di onde gravitazionali attivi in questo momento nel mondo?
G: “In questo momento in presa dati scientifica ci sono i due interferometri di LIGO. Noi a VIRGO abbiamo terminato la costruzione da diversi mesi e lo abbiamo inaugurato lo scorso 20 febbraio; adesso si apre una fase di qualche mese, chiamata commissioning, in cui regoliamo lo strumento in modo da tenerlo nelle vicinanza del “punto di lavoro” ideale, successivamente l’ultima fase servirà a cancellare le ultime cause di rumore rimaste, in modo da aumentare la sensibilità dello strumento.
Terminata la messa a punto raccoglieremo dati per alcuni mesi, dopodiché ci fermeremo per effettuare degli upgrade all’apparato. Questo processo si ripeterà per alcuni anni fino a raggiungere la cosiddetta “sensibilità di disegno”, cioè il limite di precisione permesso dalle tecnologie attuali. Il nostro obiettivo è quello di migliorare di un fattore 10 la sensibilità rispetto all’interferometro VIRGO in funzione fino al 2011″.
Ci sono altri rilevatori in costruzione?
G: “C’è un progetto già in costruzione in Giappone, KAGRA, che dovrebbe essere terminato entro il 2019. La struttura di base è la stessa degli altri rilevatori ma userà la criogenia come metodo di riduzione del rumore.
Poi ci sarà LIGO India, ma per questo ci sarà da aspettare almeno fino al 2020 (se non di più). La struttura di LIGO India sarà sostanzialmente la stessa degli altri due rilevatori americani, ma coprirà una zona della sfera celeste diversa. Esiste inoltre il progetto di un interferometro “spaziale”, LISA, in cui le stazioni terminali (specchi, laser) si troveranno in orbita separate da distanze astronomiche.
Ovviamente queste distanze ed il collocamento permetteranno di studiare segnali a frequenze molto più basse rispetto a quelle terrestri. Stiamo infine pensando alla progettazione di rilevatori di terza generazione, che saranno sempre interferometri ma con bracci molto più lunghi, indicativamente 10 km rispetto agli attuali 3 km. Un’idea è anche quella di costruire un interferometro sotterraneo per ridurre i rumori”.
Quindi l’idea è quella di estendere il network di rilevatori con strumenti simili, per aumentabile la sensibilità?
G: “Un motivo è quello, un altro è quello di ridurre le direzioni cieche: ogni interferometro può rilevare segnali solo in certe direzioni, aggiungendone altri sarà possibile ottenere una copertura quasi completa della sfera celeste. C’è da dire inoltre che diversi modelli della gravità, oltre alla Relatività Generale, includono al loro interno le onde gravitazionali; conoscere con maggior precisione le caratteristiche di queste onde ci può permettere di scegliere il modello più corretto”.
Annunciata la prima rilevazione, quali sono ora i vostri obiettivi scientifici?
G: “Oltre alle coalescenze tra buchi neri come quelle osservata l’anno scorso cerchiamo eventi analoghi che coinvolgono due stelle di neutroni o un buco nero e una stella di neutroni. Può sembrare una variazione sullo stesso tema, ma osservazioni di questo genere sono molto importanti da un punto di vista delle deduzioni scientifiche: per esempio due stelle di neutroni si avvicinano molto di più prima di fondersi rispetto ai buchi neri ed entrano in un regime in cui gli effetti di gravità forte sono molto più evidenti.
Lo studio di questi fenomeni ci permette di valutare la correttezza dei modelli teorici in questi casi estremi. Fra le altre sorgenti ci sono le stelle di neutroni rotanti: le onde gravitazionali che emettono possono permettere di valutare il loro grado di deformazione (le stelle perfettamente sferiche non emettono). Anche le supernove possono emettere lampi molto brevi di radiazione gravitazionale che ci permettono di capire cosa succede durante l’esplosione; analizzando congiuntamente questi dati con l’emissione di neutrini e di radiazione elettromagnetica possiamo definire meglio la dinamica dell’evento.
C’è anche interesse dal punto di vista cosmologico: attualmente possiamo spingerci con l’osservazione dell’Universo fino a 380.000 anni dopo il Big Bang studiando la radiazione cosmica di fondo a microonde, perché prima di questo momento l’Universo era opaco alla radiazione elettromagnetica (la materia era sotto forma di plasma). Non era però opaco alla radiazione gravitazionale quindi con strumenti abbastanza sensibili potremmo rilevare il cosiddetto fondo stocastico e spingerci sempre più vicini alla nascita dell’Universo”.
Che tipo di formazione si deve avere per partecipare all’esperimento?
G: “Per la costruzione ed il perfezionamento dello strumento servono competenze di tipo sperimentale, legate soprattutto all’ottica, alla meccanica e all’elettronica per il controllo dell’apparato. Per analizzare i dati è richiesto un buon background di statistica e teoria della rilevazione e di capacità nella scrittura di codice. Nella comunità che gira intorno all’esperimento ci sono anche molti astrofisici e cosmologi. C’è anche una forte richiesta di competenze ingegneristiche, sempre sui temi di ottica meccanica ed elettronica”.
Ci sono possibilità per passare un po’ di tempo a LIGO e VIRGO come studenti?
G: “Sì, ci sono possibilità di stage estivi (e.g. il programma di scambio estivo INFN – NSF/LIGO, NdR) sia a VIRGO che a LIGO. Al momento però uno studente italiano può andare solamente a LIGO ed uno americano solamente a VIRGO. Ci stiamo attrezzando per poter offrire un’esperienza qui in Italia anche agli studenti italiani”.
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